Il grande giorno è l'opposto del vero DNA di Aldo Giovanni e Giacomo...
Un grande matrimonio in arrivo, sposi poco convinti, genitori ricchi e dittatoriali, ma stavolta il trio è dall'altra parte dove neanche si sente....

Se può esistere e se ha un senso un cinema “tardo” di Aldo Giovanni e Giacomo, cioè uno che non abbia più quella potenza esplosiva di 30 anni fa, quella capacità di fare umorismo fisico che nessuno in Italia ha davvero percorso (tranne Benigni, ad un certo punto della sua carriera), allora forse è Il grande giorno (al cinema dal 22 dicembre). Dopo aver ritrovato una strada sensata con Odio l’estate, Aldo, Giovanni e Giacomo qui decidono di fare un passo indietro sul piano del comico, rinunciano a far ridere molto (le gag ci sono ma sono poche e isolate) per costruire una situazione in tutte le sue ramificazioni. Il risultato è un film più completo, più “film” nel senso pieno del termine, anche se gli intenti e gli obiettivi rimangono gli stessi di sempre. Celebrare l’amicizia e l’armonia.

Il grande giorno è una storia di distruzione borghese, almeno così comincia, seguendo il genere di Hollywood Party: c’è un grande evento, nel caso specifico il ricco matrimonio tra due industriali del settore dei mobili che hanno da sempre una società insieme e ora fanno sposare i rispettivi figli, e c’è una scheggia siciliana che arriva senza preavviso (è il nuovo fidanzato dell’ex moglie di uno dei due) a mettere in crisi sicurezze borghesi e il tono molto di classe che questo matrimonio desidera disperatamente avere.

Subito il dettaglio interessante è che per la prima volta Aldo, che ha interpretato il personaggio del portatore di caos diverse volte, è uno scemo desiderabile. Molta della maniera in cui scombussola gli equilibri ha a che vedere con il desiderio. Lui, la sua passione e la sua voglia della nuova fidanzata, ma anche la spontaneità e la simpatia naif accendono le signore. Le mogli ricche e annoiate vedono in questo nuovo fidanzato di una donna che guardano con un po’ di distanza, perché libera e autonoma (ha abbandonato la famiglia anni prima), tutto ciò che non hanno. I suoi gesti eclatanti ma vitali risvegliano anche in loro il desiderio di una vita più piena, soprattutto romanticamente parlando.

Non a caso le molte storie contenute in questo film (prima di tutto quella dei due amici industriali che forse non sono così amici, poi quella degli sposi non così certi di questo matrimonio e ancora un’amica dello sposo e un pretino di campagna ingenuo, fino ovviamente a questa strana nuova coppia) sono storie di repressione. I personaggi vogliono esistere, bramano un po’ di vita e temono che le scelte fatte li stiano condannando. quest’ultimo dettaglio (il sentirsi imbrigliati in una vita che non si vuole) è un classico che ritorna spesso nei film di Aldo, Giovanni e Giacomo a partire da Tre uomini una gamba (un film di evasione da una gabbia). Ma in Il grande giorno (in cui non sono più gli sposi in fuga ma i genitori ricchi e dittatoriali degli sposi, cioè il personaggio di Carlo Croccolo) diventa un desiderio di avere proprio di più per sé.