The Pagani formula
- Sergio Ivan Roncoroni
- 4 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min
C'è stata un'epoca in cui le auto sportive erano dure, difficili, esigenti. E oggi, dove l'elettronica aiuta, rende la vita semplice, a portata di tasto, anche se talvolta filtrata. Poi ci sono le Pagani. Auto capaci di offrire sicurezza, senza risparmiare emozioni. Di guidare nel comfort ma anche di ricevere ogni informazione, dalle ruote alle dita sul volante. Di rispettare le normative sulle emissioni ma senza far rinunciare all'urlo di un motore V12. Auto dove l'innovazione è al servizio della tradizione più pura dell'auto sportiva.

È la ricetta segreta di Horacio Pagani. Sotto a un vestito affascinante, nascosta da linee perfette che attraversano l'intera auto senza sbavature, c'è tanta tecnologia che ha un solo obiettivo: offrire il concetto stesso di guida emozionale, quel concetto nato con le sportive degli anni Sessanta e Settanta, auto che hanno lasciato un segno indelebile nella storia e che oggi sono le più sognate dagli amanti della guida sportiva. Proprio perché pure, senza compromessi. Auto che oggi non potrebbero più nascere perché il mondo nel frattempo è cambiato.
Oggi fra motori elettrici, soluzioni ibride e frazionamenti di compromesso, trovare sotto a un cofano un motore V12 è cosa rara. È il re dei motori, un'unità ormai in via di estinzione per le normative a contrasto delle emissioni.

Ma ecco che la ricerca delle giuste calibrazioni, della migliore interazione fra le due bancate e i turbocompressori, consente di superare anche i test più severi. I tecnici di Pagani hanno dedicato metà dei prototipi di sviluppo proprio al motore, a mantenere quei 12 cilindri urlanti ma accompagnati per mano nei giorni nostri e permettendone la certificazione per tutti i mercati, incluso il più stringente della California. Senza dover ricorrere all'ibrido che avrebbe portato complicazioni e peso extra.
E per trasmettere ai pneumatici i 1.100 Nm di coppia, c'è il cambio per eccellenza. Manuale, con una leva corta, accompagnato da quel terzo pedale, anch'esso diventato sempre più raro nelle auto sportive. Una scelta difficile e controcorrente che ha richiesto oltre tre anni per mettere a punto il giusto feeling da trasmettere al pilota. Perché la guida sportiva è fatta di quello, di sensazioni.

Sensazioni che si ricevono dall'interazione con l'auto, anche dai comandi nell'abitacolo. Quindi display ridotti al minimo ma tasti fisici che fanno “click” quando si azionano. Dietro quei tasti c'è uno studio minuzioso per rendere l'esperienza facile e al contempo tangibile. C'è un'elettronica “analogica”, creata ad hoc per mettere ogni cosa a portata di dito, come sui motoscafi Riva dove ogni cosa è al suo posto. Ma senza appesantire l'auto né la vita a bordo.
Perché il peso è una variabile determinante per godersi la guida. Ed ecco che lo studio su nuovi materiali e sui processi per gestirli diventa fondamentale per ottenere una Roadster che ha gli stessi valori di rigidezza e peso della coupé. È l'eccezione che conferma una delle regole più certe nel mondo dell'auto, le versioni scoperte pesano di più di quelle chiuse. Tranne questa. Così, a comporla, ci sono 40 tipi diversi di materiali pre-impegnati a base di fibra di carbonio sviluppati dalla Pagani e sapientemente combinati.

Un lavoro attento, frutto della sinergia fra ogni singola componente progettata da Pagani Automobili, anche grazie al supporto dei fornitori come Pirelli che ha portato su una produzione di serie per la prima volta al mondo Cyber Tyre, un sistema hardware e software capace di raccogliere dati da sensori nei pneumatici elaborarli con software e algoritmi proprietari di Pirelli e, dialogando in tempo reale con l'elettronica del veicolo, di realizzare nuove funzionalità integrate con i sistemi di guida e di controllo, al fine di migliorare l'esperienza di guida e aumentare il livello di sicurezza. E, mentre aumenta la complessità, si riducono i compromessi creando un equilibrio fra tradizione e tecnologia. Questa è la Pagani Utopia Roadster, l'ultimo capolavoro di quel piccolo atelier vicino a Modena che fa sognare a ogni V12 che si avvia.
E poi: perché scegliere un pulsante a sfioramento per aprire il vano motore quando si può afferrare una striscia di pelle, sentirla fra le dita fino allo schiocco della chiusura a clip, alla prima fessura che si genera fra carrozzeria e cofano che ingerisce aria come un mantice per poi mostrare quel portento di meccanica che è quel V12 biturbo, affinato con tanta cura.

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